Transizione Automotive, Confindustrie del Nord: sconcertati da approccio CITE
In Italia a rischio 70 mila posti di lavoro, investimenti e massicce delocalizzazioni
Milano, 13 dicembre 2021 – I Presidenti Francesco Buzzella (Confindustria Lombardia), Pietro Ferrari (Confindustria Emilia-Romagna), Marco Gay (Confindustria Piemonte), Enrico Carraro (Confindustria Veneto) esprimono sconcerto e preoccupazione in merito alle ultime dichiarazioni del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica - CITE sulla transizione tecnologica della filiera automotive.
A preoccupare, in particolare, è la mancanza di una progettualità chiara che consenta alle migliaia di aziende italiane del settore di adeguarsi gradualmente all’imposizione dell’Unione Europea di procedere con l’elettrificazione dei motori abbandonando completamente la combustione. L’orizzonte del 2035, per un’industria che deve affrontare una transizione tecnologica senza precedenti, è sostanzialmente inattuabile allo stato odierno. Senza l’indicazione di un’alternativa, o quantomeno l’introduzione di un principio di gradualità, la strada tracciata dall’UE comporterà il blocco degli investimenti nei motori a combustione oltre alla sostanziale chiusura del mercato con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Solo in Italia si rischia di bruciare oltre 70mila posti di lavoro entro il 2030.
Nel ribadire che gli imprenditori italiani sono favorevoli alla decarbonizzazione ma auspicano la neutralità tecnologica per poter esprimere al meglio le proprie competenze e soprattutto tempi di realizzazione del green deal europeo realistici perché l’attuale scadenza rischia di mandare KO il 50% del settore della componentistica, le Confindustrie del Nord chiede quanto prima un Piano di politica industriale per la transizione del settore Automotive che tenga in considerazione le esigenze delle aziende. Oltre alle risposte ai dubbi appena illustrati, il Piano dovrebbe prevedere indicazioni su come colmare il gap delle competenze professionali e dovrà porsi l’obiettivo di frenare le spinte delocalizzatrici che saranno inevitabili nel momento in cui l’impresa valuterà più competitivo produrre in quei Paesi, al di fuori dell’Europa, dove sono già ampiamente utilizzate quelle tecnologie necessarie a rendere sostenibile l’elettrificazione, dove sono presenti le competenze per implementarla, e dove i vincoli burocratici non sono dettati dalle ideologie ma dal mercato. Non è attraverso politiche anti-delocalizzazioni che si attraggono imprese sul territorio italiano e si incentivano le imprese del settore automotive ad investire su una corretta transizione ecologica.